Alle radici del Master di Traduzione letteraria e Editing dei testi: Il Laboratorio di Babele e il Corso di perfezionamento in Traduzione letteraria

Tra i quesiti che Antonio si pone sui processi rivoluzionari e le loro contraddizioni, ci sono domande irrisolte che riguardano la figura del poeta salvadoregno Roque Dalton, da lui conosciuto a Cuba nel '68, un poeta che nel '69 dichiarava: «Seguo la rivoluzione per la via della poesia». 39  Entrato nel 1974 nell' ERP (Esercito Rivoluzionario del Popolo) verrà di lì a poco ucciso per divergenze politiche da alcuni membri della sua stessa organizzazione. Il fatto lascia un segno profondo nella storia del movimento rivoluzionario salvadoregno, ma anche in tutti coloro che seguono le vicende politiche dell'America Latina.

Antonio, che nel 1988 ha partecipato a Roma a un incontro su Roque Dalton, poeta rivoluzionario,  farà uscire nel 1991, con l'atteggiamento consueto di condividere passioni e interrogativi attraverso un lavoro di scavo collettivo con i suoi allievi, una raccolta di poesie di Dalton (La parola ferita. Poesie 1961-1975), prodotta appunto dal gruppo di lavoro sulla traduzione che ha chiamato - borgesianamente - Laboratorio di Babele. 40
Il Laboratorio farà la sua comparsa anche in altre occasioni. Verrà citato - e il gruppo di lavoro è ormai collocato nell'ambito del Corso di perfezionamento in Traduzione letteraria, nato nell'anno acc.1994-95 41- nell'ampia scelta di scritti mariateguiani intitolata L'altro marxismo di José Carlos Mariátegui, uscita nel 1994 in un numero doppio della rivista «Latinoamerica» 42.
Nelle traduzioni collettive pubblicate successivamente scompare ormai il nome del Laboratorio, per essere sostituto da quello istituzionale di Master in Traduzione letteraria e Editing dei testi, iniziato nell'anno accademico 2002-2003. Così verrà precisato nella presentazione dell'opera teatrale di Jorge Accame, Venecia 43, uscita nel 2004, così anche nell'antologia poetica Poetesse d'Argentina, uscita nel 2006.
Nella breve prefazione a quest'ultima, Nel segno della traduzione, viene messa in rilievo, del lavoro collettivo, l'enorme importanza dei suggerimenti, della circolazione di idee: «attraverso iniziative come queste» - conclude Antonio - «il Master affianca alla preparazione professionale un allargamento degli orizzonti, fondato sul dialogo fra le comunità di studiosi impegnati nell'avventura difficile e affascinante della traduzione». 44

Traduzioni impervie: José María Arguedas

In una bella antologia di letterature straniere per le scuole medie superiori (con testo originale a fronte) uscita nel gennaio 1980 per sua cura, Antonio, trattando l'area ispanoamericana, nel settimo capitolo, intitolato alla Narrativa indigenista, aveva scelto di collocare per primo un brano di José Carlos Mariátegui e subito dopo il racconto Warma Kuyay (Amore di bambino), tratto dalla raccolta Agua di José María Arguedas.
Così presentava l'autore: «cresciuto nei primi anni di vita in un ambiente indio, imparando prima dello spagnolo la lingua quechua, Arguedas ha cercato di restituire nella sua narrativa un mondo lacerato, diviso tra due culture e due concezioni di vita». Concludeva la sua presentazione, prima di lasciare posto al lungo racconto che aveva tradotto:

La rivoluzione operata da Arguedas nella narrativa indigenista si registra soprattutto sul piano linguistico. Lo scrittore peruviano si trova di fronte al problema di esprimere un mondo culturale e umano profondamente contrastante con quello della cultura ufficiale, avendo a disposizione il linguaggio dei bianchi, dei dominatori. La sua soluzione è quella di inventare un linguaggio letterario che cerca di rappresentare la visione del mondo della popolazione indigena, riproducendo all'interno della lingua spagnola l'andamento sintattico del quechua, la lingua dello stato incaico, ancora oggi parlata da milioni di peruviani. Questo impasto singolare si perde inevitabilmente nella traduzione, dove si è cercato comunque di rispettare nella misura del possibile i valori del testo originale 45

Una conclusione che accennava, insieme allo sforzo, a una sfida.
Antonio in quel periodo aveva continuato a occuparsi intensamente di Arguedas.
Nel marzo del 1979 infatti aveva partecipato a Roma, all'Istituto Italo-Latinoamericano, alla Giornata di studio su José María Arguedas, con un intervento (Mondo rovesciato e mondo”altro”, uscito nel 1982); successivamente, in un convegno tenuto a Grenoble nel novembre 1981, si era soffermato proprio sul suo ultimo romanzo, El zorro de arriba y el zorro de abajo, non ancora tradotto in italiano. 46
Poi, nel 1988, aveva introdotto e curato per Einaudi la ripubblicazione del romanzo Festa di sangue, già uscito nel 1976 per la stessa casa editrice, senza intervenire sulla precedente traduzione di Umberto Bonetti.
Riesce a portare a termine l'impresa della traduzione dell'ultimo romanzo, lungamente elaborata, nel 1990. In una Nota alla traduzione, che segue l'introduzione L'ultima sfida di Arguedas: dare voce al caos e all'afasia, 47 Antonio spiega le sue scelte:

Il traduttore si è trovato di fronte a un compito molto arduo, non confrontabile con le consuete difficoltà che ogni versione presenta. Lo ha assistito, nei momenti di scoraggiamento, la profonda convinzione di trovarsi di fronte a un testo di grande valore letterario, nonostante la sua incompiutezza e la novità sconcertante dei suoi procedimenti espressivi. Rinviando all'introduzione per quel che riguarda la presenza dei diversi piani linguistici, si indicano qui alcuni dettagli più strettamente tecnici.
Per la parlata dei personaggi più nettamente caratterizzati dall'interferenza del quechua, si è scelta una resa in italiano che riproponesse gli stessi scarti rispetto alla lingua colta che si trovano nel testo originale. È evidente che alcuni fenomeni, soprattutto fonetici, non hanno lo stesso rilievo caratterizzante nella nostra lingua. Ma l'alternativa di introdurre peculiarità dialettali è stata decisamente scartata, per ragioni teoriche e metodologiche. Avrebbe infatti introdotto una prospettiva profondamente erronea, di tipo annessionistico, mentre qui si è scelto consapevolmente un registro distanziante. L'abisso che separa il mondo di sopra da quello di sotto, la sierra dalla costa, il quechua dallo spagnolo, è anche il frutto di una conquista traumatica, e non è paragonabile al rapporto tra l'italiano (o un'altra lingua europea) e i suoi dialetti.
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La traduzione viene molto apprezzata in ambito specialistico: l'anno successivo risulta finalista alla XXIª edizione del premio «Città di Monselice» per la traduzione letteraria e scientifica.
Nello stesso anno, il 1991, Antonio traduce e pubblica, sempre per Einaudi, una scelta di articoli di Arguedas usciti tra gli anni Trenta e i Quaranta nella «Prensa» di Buenos Aires, intitolandoli Musica, danze e riti degli indios del Perú.
Sono quegli elementi, così importanti nella cultura quechua, che sarebbero poi entrati prepotentemente nella narrazione della Volpe di sopra e la volpe di sotto. Una scelta da cui affiora continuamente la duplicità dell'esperienza autobiografica di Arguedas, ma dove ancora «a predominare è la freschezza dell'accostamento a una realtà amata e osservata con la trepidazione di chi assiste al suo svilimento, avvertendo il rischio di una scomparsa». 49

L'insegnamento a Siena di Storia e civiltà precolombiane dell'America, poi Civiltà indigene d'America. Fondazione e attività del Centro Interdipartimentale di Studi sull'America Indigena (CISAI). Fondazione delle Giornate JALLA in Latinoamerica.

Nel corso degli anni Novanta Antonio – che lavora con i suoi studenti su autori come Arguedas, Vallejo, Cardenal, autori che necessitano, per essere affrontati in pieno, di conoscenze e di strumenti linguistici e etnoantropologici specifici - dispiega a Siena la sua capacità di facilitatore di ponti tra una disciplina e l'altra (sempre memore del famoso detto del filologo Giorgio Pasquali «non ci sono discipline, ci sono problemi») in modi ancora più “ufficializzati”.
Nell'anno accademico 1994-95 sostiene, con l'antropologo Massimo Squillacciotti, un corso di Storia e Civiltà precolombiane  dell'America.
Il corso è diviso in due moduli: storia e letteratura (tenuto da Antonio); antropologia (tenuto da Squillacciotti).
L'anno successivo si aggiunge a questi il modulo linguistico, tenuto da Luciano Giannelli.
Il corso prende ufficialmente la denominazione, con l'anno 1996/97, di Civiltà indigene d'America.
Alle spalle di questo insegnamento c'è già una lunga esperienza di collaborazione con Giannelli e Squillacciotti, cioè la realizzazione (con la partecipazione anche del collega etnologo Pier Giorgio Solinas) di quel Seminario interdisciplinare che aveva prodotto, come collana del Laboratorio Etno-Antropologico, alcuni volumi di bilancio della Conquista. 50

Successivamente, nel 2000, Antonio dà vita, dopo un paio d'anni di sperimentazione, al CISAI (Centro Interdipartimentale di Studi sull'America Indigena), costituito tra i Dipartimenti di Filologia e Critica della Letteratura, Filosofia, Storia e successivamente Scienze della Comunicazione.
Promotori Antonio, con Gianfranca Balestra, Squillacciotti, Claudio Greppi, Giannelli: da qui una copertura disciplinare ampia, che va dalla letteratura e cultura latino-americana a quella anglofona nord-americana, all'antropologia culturale, alla geografia, alla linguistica.
Legati da un lavoro condiviso, i componenti del Centro inaugurano poi le Giornate Cisai, incontri annuali molto frequentati, con presentazione dello stato dei progetti in corso, delle pubblicazioni, dei convegni, degli strumenti didattici, in una fitta rete che coinvolge un numero imponente di studiosi e di istituzioni. 51

Anche in America Latina gli intellettuali sentono sempre più l'urgenza, negli anni Novanta, di luoghi di dibattito collettivo sulla cultura e la storia di zone specifiche di quell'immenso paese, con tradizioni, lingue e espressioni artistiche tra loro diverse.
Vengono quindi fondate, nel 1993, le Jornadas Andinas de Literatura Latinoamericana (JALLA), un luogo di confronto multidisciplinare tra scrittori e studiosi (con cadenza biennale), «incentrato sulle culture rimosse e silenziate dai processi coloniali». 52
Antonio è tra i fondatori, segretario della sezione italiana, e tiene molto a quell'appuntamento, al dialogo tra centinaia di partecipanti che arrivano per parlare e ascoltare. Il primo incontro è a La Paz; ne seguono altri dieci, in altre Università latinoamericane (Tucumán, Quito, Cuzco, Santiago de Cile, Lima, Bogotá, Santiago de Cile, Niterói, Calí, Heredia). Antonio va a tutti, fino all'ultimo, di nuovo a La Paz, nell'agosto del 2016, dove vuol essere in ogni modo presente. 53

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39 Comitato di solidarietà con il popolo del Salvador - Roma, Introduzione, in Roque Dalton, La parola ferita (Poesie 1961-1975), a cura del Laboratorio di Babele, Roma, Datanews, 1991, p. 8.

40 Precisa infatti nella nota introduttiva alla scelta poetica: «La traduzione è stata preparata, con un lavoro collettivo, dal Laboratorio di Babele, impegnato in un seminario di traduzione letteraria presso il Dipartimento di Filologia e Critica della Letteratura dell'Università di Siena. Hanno partecipato Riccardo Badini, Gemmy Floridi, Antonio Melis, Paola Mini, Lia Ogno» (A.M. La parola ferita di Roque Dalton, in Roque Dalton, La parola ferita, cit., p.20).

41 Cfr. anche il ricordo di Antonio sull'arrivo nella Facoltà di Antonio Tabucchi, nell'anno accademico 1991-92, quando da poco lui e i suoi colleghi avevano vinto «una lunga battaglia per creare un corso in Lingue e letterature straniere, la cui assenza rappresentava una grave mutilazione», e sulla collaborazione preziosa di Tabucchi al progetto del «Corso di perfezionamento in Traduzione letteraria, che è stato l'antecedente dell'attuale Master in traduzione letteraria e editing dei testi. Voglio ricordare l'apporto decisivo di Antonio in quell'impresa in fase di decollo, insieme ad altri colleghi e amici, come Ginevra Bompiani e Caterina Graziadei» (A.M, Avevo un cavallino brizzolato, cit., pp.26-27).

42 In nota Antonio ricorda anche i precedenti lavori:«Le traduzioni sono state realizzate dal Laboratoro di Babele, un collettivo formato da studenti e laureati nell'ambito del Corso di Perfezionamento in Traduzione letteraria presso la facoltà di lettere e filosofia dell'Università di Siena. Il Laboratorio ha curato, in passato, tra l'altro, il volume del poeta salvadoregno Roque Dalton, La parola ferita, Roma, Datanews, 1991, e un numero della rivista «Bollettario», Modena, a.III, n.8-9, maggio-settembre 1992, dedicato alla letteratura del Nicaragua. Alla traduzione dei testi di Mariátegui hanno collaborato Riccardo Badini, Antonella Cancellier, Ilide Carmignani, Elisabetta Fineschi, Natalia Giannoni, Lucia Lorenzini, Antonio Melis, Lia Ogno, Elina Patanè, Maria Antonietta Peccianti, Silvia Poggianti, Stella Soldani, Alessandra Turchi».

43 «Gli allievi del Master in traduzione Letteraria e Editing dei testi dell'Università di Siena, che hanno scelto l'area di Spagnolo e Ispanoamericano per l'anno accademico 2002-2003, hanno raccolto con entusiasmo questa sfida. Attraverso un appassionato lavoro di gruppo, ricco di suggestioni tecniche, sono approdati a questa versione dichiaratamente aperta» (A.M., Ritrovare Venezia, introduzione aJ. Accame, Venecia, Napoli, Pironti, 2004,p.7). L'opera teatrale era stata tradotta da Angela Ambrosini, Davide Baiocchi, Sara Mugnai, Marco Ottaiano, Annamaria Palumbo.

44 A.M., Nel segno della traduzione, in Poetesse d'Argentina. Antologia poetica, Napoli, Pironti, 2006, p.6. Il sito https://sites.google.com/a/unisi.it/master-in-traduzione-letteraria-e-editing-dei-testi/archivio-lazioni registra il calendario delle attività e dei seminari del Master dall'anno accademico 2003/2004 fino all'anno accademico 2008/2009.

45 A.M., Area ispanoamericana (7/ La narrativa indigenista), in Quaderni 2/Sei aree linguistiche straniere. Antologia letteraria, a cura di Antonio Melis, con la collaborazione di Franco Marucci, Ferruccio Masini, Maria Tita Montanari Viviani, Monique Streiff Moretti, Firenze-Messina, D'Anna, 1980, p.501. Il racconto alle pp.502-511.

46 Cfr. A.M., La marginalidad del hombre andino en la última novela de Arguedas, in Marginalités dans les pays andins, Grenoble, AFERPA, 1982, pp.89-100 (intervento raccolto poi in A.M., José María Arguedas. Poética de un demonio feliz, Lima, Fondo Editorial del Congreso del Perú, 2011, pp.151-169).

47 A.M., Nota alla traduzione,in José María Arguedas, La volpe di sopra e la volpe di sotto, Torino, Einaudi, 1990, p.XVII. Seguono (pp.XVII-XVIII) specificazioni su fenomeni fonetici, morfologici e sintattici. Cfr. anche Rodja Bernardoni, 'El zorro de arriba y el zorro de abajo' di José María Arguedas: alcune riflessioni a margine della traduzione di Antonio Melis, in America Latina. Variazioni per Antonio Melis, cit., pp.29-40.

48 A.M., L'angoscia e la speranza del meticcio, in José María Arguedas, Musica, danze e riti degli indios del Perú, Torino, Einaudi, 1991, p.XIV.

49 Cfr. Massimo Squillacciotti (a cura di), America: cinque secoli dalla Conquista. Saggi dal Seminario interdisciplinare della Facoltà di Lettere e Filosofia, Siena, Laboratorio Etnoantropologico, 1992; Luciano Giannelli, Maria Beatrice Lenzi (a cura di), L'America e la differenza. Materiali dal 2ºseminario Interdisciplinare della facoltà di Lettere e Filosofia, Siena, Laboratorio Etno-antropologico, 1994.

50 Le Giornate CISAI, a partire dalla relazione di Antonio sull'attività svolta nel 2005, seguita dalle relazioni e il programma delle giornate degli anni 2007, 2008, 2009, sono tuttora visibili in http://www3.unisi.it/cisai/eventi.htm Nel 2015 il Cisai dovrà chiudere, perché l'Università non consente che i Centri Interdipartimentali possano durare più di 15 anni. Su proposta di Antonio l'attività del Cisai passa all'Università di Cagliari, diventando Centro Interdipartimentale di Studi sull'America Pluriversale (CISAP), diretto da Riccardo Badini.

51 Riccardo Badini, [Presentazione] a Antonio Melis, Censo y buen Gobierno. Un cuento (casi) desconocido de Arguedas, in «América Crítica», vol.I, n.1(2017), p.13.

52 Lì muore, appena arrivato, il 7 agosto, per un attacco cardiaco. Il suo intervento sarà letto dal suo ex allievo Riccardo Badini (poi pubblicato in «América Crítica», cit.)