Una lunga collaborazione felice: «In Forma di Parole»

Sono stati nominati solo alcuni dei colleghi con cui Antonio è entrato in sintonia a partire dagli inizi della sua avventura senese.
Se già negli anni Sessanta lo dominava la passione del tradurre (con quell'inclinazione a esprimersi restando nell'ombra, ma contemporaneamente tuffandosi nel desiderio di cimentarsi con un'altra lingua, che chi traduce conosce bene), ora l'incontro con il gruppo che insegna in Facoltà dà più slancio, più possibilità al suo lavoro.

Quello con Gianni Scalia, facitore di riviste, sarà un incontro felice per tutti e due.
Scalia appartiene a un'altra generazione (è nato nel 1928), è curioso delle espressioni culturali – nel senso più lato possibile - di tutto il mondo. 28 Grande causeur, mente corrosiva e visionaria insieme, affascina chi lo avvicina anche perché infonde serenità. Crede, con profonda modestia, che suo compito sia soprattutto quello di presentare agli altri il sapere di altri, 'in forma di parole', ovunque venga colto.
Con Antonio allaccia subito rapporti, insieme filiali e paterni, molto affettuosi, che si chiuderanno solo con la loro morte, avvenuta a qualche mese di distanza, anche se in circostanze così diverse.

Scalia aveva fondato nel 1977, come risposta alla crisi del Movimento giovanile bolognese, con Pietro Bonfiglioli, Federico Stame e Roberto Roversi, la rivista «Il cerchio di gesso», durata fino al 1979. Immediatamente dopo, nel marzo 1980, dopo riunioni preliminari a Reggio Emilia già con la presenza di Antonio, esce sotto la sua direzione «In Forma di Parole», raffinata rivista di traduzioni, prima bimestrale, poi trimestrale, infine quadrimestrale, sempre in precarie condizioni economiche, ma che durerà fino al 2014. Scalia stesso ricorderà, nel 2002, come era stata accolta l'impresa, spiegandone insieme gli scopi:

                All'inizio degli anni Ottanta si avvertiva da parte dei primari amici, uniti in diversità non avverse, come una sorta di consapevole «inattualità» dell'impresa, avviata nella situazione prossima, dopo la mobilitazione l'interventismo, le ideologie di combat, di progrediente 'modernizzazione' e omologazione consumistica; e più in generale, e in consecuzione, di spregiudicato pragmatismo, conformismo mercantile, indifferentismo etico, spettacolarità della cultura...
La libertà della letteratura e della poesia, il suo intimo dire civile, apparivano sempre meno necessari. Le parole «in azione», o parole d'ordine, che diventano presto gesto e gergo, predominavano sulla azione delle parole nella loro forma, non misurabile dalle parole della tribù; dal potere che non finisce di essere il padrone delle parole.
Si intendeva opporre implicitamente e tacitamente, senza dichiarazioni polemiche e presunzioni dottrinarie, un impegno di lavoro […]. Da quel punto di «crisi», nel senso di scelta e decisione, si è formato il disegno di una rivista, antologica e rapsodica, dedicata a traduzioni di autori e testi di letterature straniere, europee ed extraeuropee, senza osservanza alla istituzionalità della «comparatistica» accademica; si pensava semmai di essere comparatisti alla maniera di «perceurs de frontières»[...] Principio imperativo, come si diceva, perseguito e mai interrotto, è stato l'esercizio del tradurre quale pratica (teorizzata) di una 'legge di ospitalità' linguistica, reputata una attitudine etica
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Antonio usufruisce subito di questo spazio, così consono ai suoi stessi intenti, nella rivista o nelle pubblicazioni di cui sono figlie.
Nel secondo numero, sempre dell'Ottanta, si cimenta in una traduzione del romanzo Adán Buenosayres dello scrittore argentino Leopoldo Marechal.
L'anno successivo – da qualche tempo ha intrapreso in solitario lo studio della lingua quechua - pubblica Notizia sul quechua. Dietro il silenzio, con alcune poesie in lingua originale.
Poi, per Elitropia (filiazione della rivista) un breve commento a un testo di Federico García Lorca.Nell'83 una scelta di poesie dell'uruguaiana Ida Vitale (amica, con il marito, il poeta Enrique Fierro, anche degli anni futuri).
Nello stesso '83 presenta traduzioni da Vallejo, da Martín Adán, da Alejandro Romualdo, nell'84 una lettera inedita di Neruda, poi una piccola presentazione del poeta messicano Guillermo Fernández. Nell'85  traduce le Strofe alla morte di Merton, di Ernesto Cardenal.
Nell'87 l'intero romanzo di Martín Adán La casa di cartone, e poi via via, altre traduzioni da Rubén Darío, Augusto Monterroso, fino arrivare agli anni Novanta, quando la sua collaborazione rallenta, non prima di aver presentato, nel '91, il cubano Pablo Armando Fernández.
Poi ancora, nel '93, versi di Rubén Darío, in una significativa scelta antologica dal titolo Sguardi su Cristoforo Colombo, che comprende brani tradotti dal gruppo che intanto si è formato a Siena sotto il suo impulso, gli allievi Riccardo Badini, Lucia Lorenzini, Lia Ogno, e la sua ricercatrice Antonella Cancellier. Seguirà, alcuni anni dopo, nel 1999, un breve saggio su José Enrique Rodó, poi nel 2004, la cura dell'impegnativa antologia sul Petrarchismo nelle colonie spagnole d'America.
Dopo un lungo intervallo, nel 2013, un intervento che riflette la passione ormai dominante per le lingue indigene, cioè la traduzione e la presentazione di un poema del cileno mapuche williche Jaime Luis Huenún. Infine, a chiudere una collaborazione così lunga e fertile, nel 2014, una poesia commentata di José Martí, la riproduzione di brani di lettere di corrispondenti latinoamericani alla rivista stessa, e poi la complessa versione («un lavoro certosino, da pensionato, che mi ha impegnato negli ultimi anni», scriverà Antonio) 30 dell'anonimo Ollantay, dramma quechua del Perù coloniale.

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28 Cfr. Antonio Prete, Un infaticabile socratico, in «il manifesto», 8 novembre 2016.

29 Gianni Scalia, Appunti per il Catalogo, in In Forma di Parole. Il Catalogo (1980-2000). La rivista e i libri, Città di Castello, In forma di parole, 2002, pp. XII-XIV.

30 Cfr. Giovanni Gentile G. Marchetti, Antonio Melis: studi letterari e passione civile, in «Confluenze. Rivista di studi iberoamericani», vol.8, n.2, (2016), p.1.



Antonio Melis Gianni Scalia Master traduzione Siena
con Gianni Scalia e Catherine Maubon durante il seminario di studio Sul tradurre poetico, Facoltà di Lettere di Siena, 8-9 febbraio 1988 (foto archivio Melis)