Bruno D'Avanzo

Ricordo di Antonio Melis

Per molti anni Antonio Melis ha collaborato col Centro Studi e Iniziative America Latina ed è stato per noi un sicuro punto di riferimento. Per questo possiamo parlare di lui non solo come studioso dell’America Latina, ma anche per la sua completa disponibilità a dare una mano per una causa che riteneva giusta.
Ma soprattutto posso testimoniare di Antonio pregi di rara qualità.
Innanzitutto la sua grande capacità comunicativa. Sapeva sempre rapportarsi nel modo più adeguato ai suoi interlocutori, e pertanto non dava mai nulla per scontato. Riusciva sempre a presentare argomenti complessi in modo semplice, risultando così molto efficace.

Mi è sempre piaciuto il suo approccio alla cultura latinoamericana, vista come espressione dell’animo dei diversi popoli ( indios, neri, discendenti dei conquistadores,  abitanti di più recente migrazione di svariate origini ). Era una visione globale, la sua, dove letteratura, storia, antroplogia, geografia, sociologia, arte, religione erano affrontate nelle loro reciproche relazioni. Tutto il contrario della parcellizzazione dei saperi  che a mio parere è uno dei mali peggiori della cultura accademica ufficiale.
Indubbiamente la sua conoscenza diretta dei problemi dell’America Latina e di tanti suoi testimoni e protagonisti nei vari campi del sapere e della politica erano per Antonio una ricchezza enorme che sapeva poi, in modo naturale, comunicare a studenti, amici, compagni.

Se ha un senso oggi parlare di “ intellettuale organico “ nel senso gramsciano del termine, ebbene io penso che Antonio lo sia stato: uno studioso serio e competente, capace di trasmettere il suo sapere  nell’impegno politico, e al tempo stesso di mettere la sua militanza al servizio del suo lavoro di ricerca.

Ricordo Antonio come una persona aperta al dialogo, anche tra culture apparentemente lontane, e questo da sempre, almeno da quando l’ho conosciuto più da vicino. Dagli anni 80 ai primi anni 90 Antonio si impegnò a fondo nella campagna dei 500 ANNI DALLA CONQUISTA DELL’AMERICA e già in quel periodo  (ma un tale atteggiamento doveva venire da molto più lontano)  lui, da sempre marxista, mostrava un’attitudine di sincera collaborazione con persone di diversa matrice culturale. Penso in particolare a padre Balducci o al teologo Armido Rizzi. E non solo perché si trattava di uomini di sinistra, quindi naturali “compagni di strada“ , ma perché si rendeva conto  (qualità non comune in tanti intellettuali marxisti) che proprio la fede cristiana autenticamente vissuta può essere portatrice di speranza e di giustizia  per il futuro dell’umanità.

E i suoi stessi scritti sull’opera del monaco-poeta Ernesto Cardenal o la sua frequentazione (forse amicizia) con Gustavo Gutiérrez, il fondatore della Teologia della Liberazione, stanno a testimoniarlo.